Florence

Storia in due tempi, anche se questo non giustifica l'italica abitudine che mantengono numerose nostre sale di spezzare la visione in due, troncando più o meno a caso, più o meno in mezzo. La storia è basata su un personaggio reale, la signora Florence Foster Jenkins, anche se la sceneggiatura (Nicholas Martin) si prende alcune libertà allo scopo di indirizzare lo sviluppo nella direzione auspicata dal regista, Stephen Frears. Mi parrebbe interessante vedere di fila questo film con un altro recente lavoro di Frears, Philomena (2013). Entrambe storie basate su accadimenti reali, là abbiamo una lenta evoluzione dei personaggi principali dovuta alla loro interazione, qua il cambiamento del carattere dei protagonisti è molto limitato, a cambiare è quello che capiamo del loro modo di agire.

La prima parte tende alla farsa. La protagonista, Florence (Meryl Streep) è una attempata signora newyorkese dalle ingenti risorse economiche e con il pallino per la musica d'arte, che sovvenziona con larghezza. Il suo club, intitolato a Verdi, fornisce spettacoli amatoriali più in linea con i gusti ottocenteschi che con quelli degli anni quaranta del novecento. Se tutti ne sono entusiasti, forse il merito va alle notevoli quantità di cibo ammannite ai fortunati associati.

St Clair Bayfield (Hugh Grant) è un posato signore dal sorriso fascino, dai modi garbati, e dalla parlata eloquente. Spiantato, di origine inglese, in gioventù è stato attore e, come molti a quei tempi (*), ha attraversato l'Oceano in cerca di fortuna nel campo dell'intrattenimento. A lui è andata male nell'arte, ma ha trovato Florence, e ora conduce una vita decisamente piacevole.

Il sospetto che nasce e ci cresce dentro rapidamente, è che un po' tutti se ne approfittino della leggera sconclusionatezza di Florence. Senza cattiveria, si intende, ma comunque accettino le sue stravaganze in cambio di una qualche contropartita. Il dubbio che la storia pencoli pericolosamente nella direzione della pochade viene quando scopriamo che St Clair ha un suo appartamento distinto in cui vive con Kathleen (Rebecca Ferguson), la quale sembra accettare la condivisione del compagno con filosofia.

A far precipitare la situazione arriva la decisione di Florence di mettersi a cantare. Il che non sarebbe così tragico se non fosse per la sua incapacità nel campo che va oltre ad ogni possibile immaginazione. Nessuno osa farglielo notare, non il prestigioso insegnante di canto (David Haig), tantomeno il timido pianista che l'accompagna, Cosmé McMoon (Simon Helberg), che non avrebbe modo di trovare un altro ingaggio che sia lontanamente paragonabile. E il peggio è che Florence decide di fare le cose in grande, tenere un primo concerto aperto al pubblico, incidere un disco, per passare poi ad una serata alla Carnegie Hall, il tutto a sue spese, ovviamente.

E qui, gradatamente, si entra nella seconda parte. Lentamente ma inesorabilmente le carte cambiano in tavola. Scopriamo così, poco alla volta, che Florence ha sempre avuto una grande passione per la musica, amore per il quale ha abbandonato la ricca famiglia rischiando la povertà assoluta. Da giovinetta campava dando lezioni di piano, fino a che incontrò il suo primo marito, che le passò la sifilide, malattia invalidante ai tempi praticamente incurabile e che portava alla morte in pochi anni. Lei ci ha convissuto per mezzo secolo, seguendo cure che per noi sono raccapriccianti, a base di mercurio e arsenico. Scopriamo anche che St Clair la ama davvero, si fa in quattro per evitare di esporla al ridicolo, lo vediamo rischiare fisicamente cercando di far sparire uno spiacevole disco di Florence, cosa che metterà anche alla prova finale la sua relazione con la pur paziente Kathleen. E lo vedremo nel finale affrontare la Carnegie Hall, in una serata che non lascia presagire niente di buono.

Piccola parte, ma succosa, per Nina Arianda, giovane moglie di un arricchito che vede nel club di Florence un modo per entrare nella New York bene. All'inizio è quella che dice che il re è nudo, o meglio, che la cantante non sa cantare, e lo fa sbellicandosi dalle risate durante il primo concerto. Ma alla serata della Carnegie vedrà, e farà vedere agli altri, oltre le stonature.

(*) Charlie Chaplin e Stan Laurel, tanto per fare un paio di nomi.

4 commenti:

  1. E' davvero un bel film
    Non mi stupirebbe una nomination agli Academy Award per Meryl la Grande

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    1. Quasi sorprende di più quando non prende una nomination.

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  2. Ho scoperto ieri il trailer, sono curioso di vederlo

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    1. Secondo me ne vale la pena. Divertente e, se si vuole, si possono trarne interessanti spunti su cui ragionare.

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