The Danish girl

La regia di Tom Hooper (*) riesce nel miracolo di trasformare una storia che il buonsenso considerebbe destinata ad una nicchia molto limitata in un film mainstream che anche da noi è riuscito ad incassare qualche milione. Ma tutto si paga, e in questo caso Hooper ha ingentilito il racconto, smussando gli angoli, mettendoci più melodramma di quanto mi sarei aspettato.

Alla base della pellicola c'è lo strano caso di Einar Wegener (Eddie Redmayne), pittore paesaggista danese che circa un secolo fa sentì di non poter più resistere alla spinta interiore a diventare Lili Elbe, prima vestendosi da donna, poi affrontando pericolose operazioni (**) che ne hanno fatto il primo transgender.

Il tutto è visto dal punto di vista della moglie, Gerda Wegener (Alicia Vikander ***), che scatena inconsapevolmente la trasformazione del marito, la accetta, sia pur con gran fatica, ma non riesce a smettere di amarlo, mentre Einar, diventando Lili, non vede più il più il senso di essere sposata ad una donna.

Il notevole cast include anche Ben Whishaw nel ruolo di Ben, omosessuale danese che si prende una cotta per Einar, quando lo vede in abiti da donna, ma senza concludere nulla (in quanto Lili si sente donna, non uomo omosessuale); Matthias Schoenaerts come Hans, primo amore di Einar, quando i due erano ancora bambini, il quale ricambia l'affetto ma è sessualmente attratto dalle donne; e Sebastian Koch, il dottore che interverrà chirurgicamente su Einar.

(*) E la sceneggiatura di Lucinda Coxon.
(**) Si pensi a quale potesse essere lo stato dell'arte della chirurgia di inizio novecento.
(***) Premiata con l'Oscar. A mio avviso un errore, non perché la sua recitazione non lo valesse, ma perché è stata fatta partecipare nella categoria "attrice non protagonista" quando il suo personaggio è a tutti gli effetti al centro della storia quanto quello di Redmayne. Al punto che è lei che viene identificata da una battuta come "ragazza danese".

4 commenti:

  1. Concordo sul fatto che Alicia Vikander è la PROTAGONISTA
    Ma se concorreva in quella categoria rischiava di essere schiacciata tra Brie Larson, Cate Blanchett e Carlotta Rampling
    Meglio così: tutto sommato, una statuetta è per sempre

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    1. Effettivamente dal punto di vista della Vikander è meglio così. Però forse l'Academy dovrebbe decidersi a rivedere le categorie.

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    2. Non sono l'accademia
      però farei così: un premio per la miglior attrice aperto anche alle parti di "spalla" e un premio per le PARTI DAVVERO RIDOTTE (meno di 15' in scena) come, per rendere l'idea, quella offerta a Judy Dench in SHAKESPEARE IN LOVE

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    3. Potrebbe essere una buona idea. Tagliare alla radice la discussione se un personaggio è protagonista o meno e operare la selezione su qualcosa di misurabile.

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