Poirot 3.5: Nido di vespe

Ancora un racconto breve, che è stato necessariamente rimpolpato (*), per evitare che venisse reso con uno scarno cortometraggio minimalista. Al contrario, la produzione si è sbizzarrita, aggiungendo una festa paesana, una sfilata di alta moda, una corsa in automobile, e persino un ricovero ospedaliero con operazione per l'ispettore Japp (Philip Jackson).

L'aggiunta di materiale, e anche la traslazione di battute verso altri personaggi, non intaccano comunque lo spirito originale del racconto di Agatha Christie. La sostanza della storia non cambia. Hercule Poirot (David Suchet) questa volta non interviene a giochi fatti, ma riesce addirittura a prevenire un omicidio. E c'è da dire che questa volta è più facile del solito empatizzare con vittima e perpetratore. Solitamente si tratta di persone che vivono su di un loro mondo che sembra abbia ben poco a vedere col nostro. Qui, invece, abbiamo a che fare con personaggi relativamente accessibili, che farebbe più dispiacere del solito pensare destinati a morire.

L'apparenza è quella di un triangolo. Il filosofo John Harrison (Martin Turner) è fidanzato con la bella Molly Deane (Melanie Jessop), una top model che si è appena guadagnata la copertina di Vogue. Solo un'anno prima, Molly era fidanzata con Claude Langton (Peter Capaldi), un artista locale, ma qualcosa tra i due non è andato come doveva andare, ne è seguita una rottura e Molly si è messa con John. A complicare le cose, John e Claude sono grandi amici.

Il padre di John è stato uno dei primi amici di Poirot al suo arrivo in Inghilterra, e il nostro investigatore ha una gran simpatia per il giovane Harrison. Quindi, quando ha modo di vedere la meccanica delle relazioni tra John, Molly e Claude, si accorge subito che c'è un pericolo nell'aria. La sua azione riuscirà ad impedire la catastrofe, facendo sì che il potenziale assassino si ravveda e che l'amore trionfi.

Nonostante questo, il finale è ben poco allegro, con l'accettazione della irrimediabilità della fine che domina la morale del racconto.

Fino a questo punto, e per il mio gusto, il miglior episodio della serie.

(*) Questa volta da David Renwick.

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