Il segreto dei suoi occhi

Non sto parlando del recente film di Billy Ray (*), che non ho visto, anche perché quello che ho letto sul suo conto non mi aveva convinto, nonostante il cast stellare che esibisce (**), ma dell'originale argentino di sei anni prima, firmato da Juan José Campanella, che ha conquistato l'Oscar come miglior film non in inglese, strappandolo a quello che sembrava il vincitore annunciato, Il nastro bianco di Michael Haneke. Io avrei votato per il candidato tedesco ma, almeno per una volta, non ho niente da ridire sulla scelta dell'Academy.

Siamo nei primi anni del duemila e Benjamín Esposito (Ricardo Darín) è appena andato in pensione. Per capire che lavoro facesse prima ho dovuto ragionarci sopra un attimo, seguendo la storia, narrata in flashback, avvenuta un quarto di secolo prima a Buenos Aires. Il suo capo allora era Irene Menéndez Hastings (Soledad Villamil), che a sua volta ha un capo che viene qualificato come giudice. Da quello che fanno mi sembra che il loro giudice sia quello che noi chiamiamo pubblico ministero, che Irene sia una specie di sostituto (***) e che entrambi si occupino solo del lavoro di ufficio, non uscendo praticamente mai dal palazzo. Benjamín, che non è nemmeno laureato, riassume nelle sue competenze parti di quelle di un PM quando si sporca le mani con la realtà e di quelle di un investigatore.

In pratica Benjamín era un piccolo burocrate che cercava di evitare il più possibile di fare qualunque cosa. In questo veniva assecondato con successo dal suo collega Pablo Sandoval (Guillermo Francella), a lui gerarchicamente inferiore, ma superiore nell'inventiva per allontanare ogni contatto lavorativo (°). In rapida successione succedono due fatti che gli scombussolano l'esistenza. Prima viene nominato il suo nuovo capoufficio, Irene per l'appunto, di cui lui si innamora perdutamente a prima vista. Un amore impossibile, decide lui immediatamente, data la differenza di età, censo, cultura, origine, e quant'altro. Lei è giovane, bella, con antenati scozzesi, laureata negli USA, di famiglia con origini nobili, destinata a un radioso futuro. Lui no. Poco dopo, gli viene assegnato un caso, che lui sente sarebbe dovuto essere assegnato ad un altro ufficio. Una seccatura, un omicidio con stupro, roba da doversi sbattere, mescolarsi col mondo, parlare con gente, un incubo insomma. Malvolentieri si reca sul posto per fare il minimo indispensabile, però poi vede la vittima, Liliana Coloto (Carla Quevedo), e improvvisamente questo gli cambia la prospettiva sul caso. Non è più un semplice nome su di un documento ma una giovane donna che nonostante il massacro che ha subito, la vediamo piena di sangue e lividi, riesce ancora a ricordare di che bellezza abbacinante fosse stata.

Sarà anche che Benjamín aveva dentro di sè l'amore inespresso per Irene, ma lo shock di vedere Liliana così ridotta è così forte da fare il miracolo di trasformare uno scansafatiche in un segugio. Parla col novello vedovo, Ricardo Morales (Pablo Rago), raccoglie indizi, si fa un idea di cosa deve essere accaduto. Scarta subito una soluzione di comodo che viene proposta per chiudere rapidamente il caso, e punta diretto verso quello che sembra il ragionevole indiziato principale, tal Isidoro Gómez (Javier Godino), amico di infanzia di Liliana. Sapendo di non essere un gran investigatore, chiede aiuto a Pablo, che avrebbe una mente sopraffina se non fosse che la sua passione per l'alcol non sia tale da fargli mettere tutto il resto in secondo piano. Sia come sia, l'improbabile due si impegna in una bizzarra indagine che, nonostante alcune intoppi, viene infine coronata da successo. In un drammatico (°°) confronto con l'indiziato, Benjamín, grazie anche all'inattesa collaborazione di Irene, riesce a strappare la confessione che chiarisce cosa effettivamente sia successo.

Eppure il caso non si chiude così facilmente. Isidoro, che sembrava destinato a passare decenni in carcere, in breve tempo è nuovamente fuori. E c'è di peggio, Pablo viene ucciso, e Benjamín deve scappare in una remota provincia per evitare di fare la stessa fine.

Un quarto di secolo dopo, Benjamín cerca di chiudere i conti con il suo passato. E' ancora innamorato di Irene, si sente colpevole per la morte di Pablo, si chiede cosa sia successo a Isidoro, che sembra sparito nel nulla, e sente di dover fare qualcosa per Ricardo, al quale aveva promesso di mandare in galera chi aveva distrutto la vita sua e di Liliana. Per fare tutto questo, decide di scrivere un libro sulla vicenda, che non è altro che un modo per fare ordine nei suoi pensieri raccontando, a se stesso, a Irene, e anche a noi, questa storia.

Tecnicamente, al centro del film c'è un lunghissimo e impossibile piano sequenza che parte dal cielo, scende su uno stadio, segue una rapida azione d'attacco della squadra di casa, piomba sui nostri due eroi, Benjamín e Pablo, che sono alla caccia di Isidoro, e seguono il terzetto nel concitato inseguimento che porta alla cattura dell'indiziato. Ma il vero effetto speciale, per quel che mi riguarda, è il bellissimo sorriso di Irene, che ci viene annunciato come irresistibile ma riservato ad un pubblico molto ristretto nella prima metà del film, e dobbiamo pazientare fino al finale per vederlo.

(*) Curiosa carriera, che include le sceneggiature di Captain Phillips, The hunger games, Breach, eccetera. Sembra che Ray sia specializzato nell'adattare testi preesistenti.
(**) Nicole Kidman, Julia Roberts e Chiwetel Ejiofor in un solo film non capitano tutti i giorni.
(***) Nel duemila è diventata giudice.
(°) Vedasi in particolare le inventive risposte che dà al telefono per evitare di dover parlare con possibili interlocutori.
(°°) Ed estremamente illegale.

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