Nothing but the truth

Ovvero lo strano caso di un film americano che non ha raggiunto le sale del suo Paese perché il distributore è fallito. Qui da noi non è uscito in nessun modo, però è abbastanza facilmente recuperabile come DVD europeo, ma senza doppiaggio italiano. Cosa che potrebbe essere vista come vantaggio.

L'idea a Rod Lurie (sceneggiatura e regia) è venuta seguendo il caso di Judith Miller, quella giornalista americana che ha pubblicato notizie sulle armi di distruzione di massa in Iraq che poi si sono rivelate fabbricate di sana pianta. Il contatto sta solo nel fatto che i giornalisti americani, pur essendo teoricamente coperti nel loro diritto di non rivelare le fonti delle proprie notizie, possono essere incriminati per disprezzo della corte se si rifiutano di citarle quando il giudice, adducendo necessità di ordine maggiore, insista nell'ottenere questa informazione. Il resto è tutto inventato di sana pianta e non ha nessuna relazione con fatti realmente accaduti.

Succede che Rachel Armstrong (Kate Beckinsale) sia una giornalista alla ricerca del colpaccio. Lo trova quando una fonte, che sarà rivelata (e solo a noi spettatori) nel finale si lascia scappare che Erica Van Doren (Vera Farmiga) è una agente federale sotto copertura che in qualche modo aveva sconsigliato il governo dall'intraprendere una operazione poi effettivamente rivelatasi una scemenza colossale. L'articolo della Armstrong mira a mettere in difficoltà il governo e, a ben vedere, non ci sarebbe bisogno di scoprire la Van Doren. Però la signora è sposata ad un ex ambasciatore critico nei confronti dell'amministrazione corrente, e ha anche alcuni fatti personali che potrebbero intrattenere il lettore casuale, e così si decide di rovinarle la vita.

Ai federali gliene importa ben poco sia della Armstrong sia della Van Doren, però vogliono scoprire chi è il traditore che spiffera cose che non dovrebbe dire, per cui sguinzagliano un procuratore federale (Matt Dillon) con ampia facoltà di spaccare tutto quello che vuole. Il giornale risponde affidando la difesa della sua dipendente a un avvocato di chiara fama, anche se un po' vanesio e affezionato agli stilisti italiani (Alan Alda).

Le cose vanno per le lunghe, la Armstrong è irremovibile nel non voler rivelare la sua fonte, con una caparbietà che sembra eccessiva a tutti quanti. E viene il dubbio, ma ha ragione lei, e veramente il principio è così importante, o non è che dietro la sua facciata di difesa delle libertà civili ad ogni costo c'è qualcosa di molto imbarazzante?

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