12 anni schiavo

Da quel che avevo letto mi aspettavo di vedere torture inenarrabili. E, visto che nell'intimo sono una mammoletta, ero pronto a fast-forwardare le scene più raccapriccianti. Nulla di tutto ciò. La scena più violenta è quella in cui il latifondista più brutale (Michael Fassbender) frusta e fa frustare la schiava (Lupita Nyong'o) di cui è, in un suo modo malato, innamorato.

Il dubbio che mi viene è che viviamo in tempi bizzarri, nei quali la violenza più estrema può essere tranquillamente esibita a patto che sia attribuibile ad altri, ai quali si possa mettere una confortante etichetta di irrealtà (vedi i vari blockbuster tarantiniani, michaelbayani et cetera) o di cattiveria così estrema che diventa facile crearsi l'alibi di essere totalmente altri da noi.

Allora forse il problema di questo film, scritto da John Ridley sulla base delle memorie del protagonista e diretto con la consueta perizia da Steve McQueen, è che è fin troppo facile immedesimarsi con un qualche "cattivo", visto che ce n'è un po' di tutti i tipi, ed è contemporaneamente molto difficile essere simpatetici con loro.

Credo che ormai la storia narrata la conoscano tutti. Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor) viene rapito dallo stato di New York, portato nel sud e, impostagli una identità fittizia da schiavo, venduto come schiavo.

Incontra tutta una serie di personaggi, una specie di inferno dantesco, ognuno dei quali è costretto dai (o sguazza felice nei) limiti imposti da una società che ha legalizzato la schiavitù.

Solomon passa tra le mani di un mercante di schiavi (Paul Giamatti) che non ha problemi a dichiarare che la sua compassione si ferma quando i soldi entrano in gioco. Viene venduto a Ford (Benedict Cumberbatch), latifondista relativamente illuminato, che però non vuole immischiarsi in problemi più grossi di lui. A causa di un capetto (Paul Dano) che ce l'ha lui, viene ceduto ad Epps (Fassbender), un quasi-psicopatico con una difficile relazione con la moglie (Sarah Paulson), anche lei una di quelle persone da cui conviene stare a distanza di sicurezza. Infine, un fortunoso contatto con un carpentiere canadese (Brad Pitt) fa sì che il nostro riesca a stabilire un contatto con la famiglia e dunque a riottenere la libertà.

Ci sono volute due ore abbondanti a McQueen per raccontare la storia. Ma i punti chiave sono narrati in pochi secondi, tutto il resto serve solo a creare un affresco complessivo in cui i dettagli fondamentali possano risaltare. Ad esempio, il film segue il punto di vista di Solomon, e nulla sappiamo della sua famiglia fino alla scena finale, quando c'è il ricongiungimento e il nostro scopre quanto la sua assenza sia pesata a tutti loro.

2 commenti:

  1. Devo ancora vederlo....
    Che mi manca il tempo per un film impegnato!

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    1. Con la dovuta calma, mi sto vedendo tutti i film candidati all'oscar, e almeno i vincitori degli altri premi principali. Se ho fatto bene i conti mi manca solo Captain Phillips.

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