50 e 50

Ecco un film su cui è praticamente impossibile essere accusati di spoilerare. Già spiegando il titolo si spiega quasi tutto, visto che 50 sono le possibilità che il protagonista (Joseph Gordon-Levitt) sopravviva e 50 quelle che il tumore spinale che lo ha beccato lo faccia fuori. Aggiungiamoci che la sceneggiatura è stata scritta da Will Reiser basandosi, sia pure con molte libertà, sulla propria vicenda personale per arrivare alla conclusione che difficilmente ci potranno essere colpi di scena eclatanti.

Ma non è facile raccontare una storia del genere, e va riconosciuto a Jonathan Levine il merito di aver mantenuto la rotta evitando gli eccessi del dramma o della comicità sguaiata, ottenendo invece una commedia drammatica di buona fattura. Peccato però per il finale un po' troppo caramelloso.

Il punto del film non è dunque tanto su come andrà a finire ma nel come personaggi affrontino la vicenda. Gran parte dell'attenzione, ovviamente, è rivolta al cambiamento nel protagonista. Vagamente depresso all'inizio del film, lascia che le cose succedano senza prendere particolarmente parte e nemmeno la notizia del cancro riesce a scuoterlo più di tanto, solo il giorno prima dell'operazione riuscirà finalmente a scuotersi dal suo torpore.

Anche i comprimari sono raccontati efficacemente. L'amico (Seth Rogen, stesso ruolo nella realtà, e con il regista anche tra i produttori), eccessivo per natura, vede nella malattia una possibile carta aggiuntiva per sedurre pollastrelle o per procurarsi marijuana per scopi terapeutici; alla fine scopriamo quanto ci tenga davvero all'amicizia. La psicoterapeuta a cui viene indirizzato (Anna Kendrick), ha modo di crescere professionalmente (lui è il suo terzo paziente, lei non è ancora laureata e, per dirla tutta, è proprio un disastro) e anche umanamente. Diversa la situazione della madre (Anjelica Huston), presentata inizialmente come soffocante ed eccessiva, che non mi pare cambi molto, è la percezione del figlio nei suoi confronti che cambia. Sarà lui a rendersi conto che ci sono anche altri aspetti in lei che lui ha sbagliato a non considerare. Poco da dire invece sulla fidanzata (Bryce Dallas Howard), già sull'orlo di chiudere la relazione all'inizio del film (anche se lui non capiva), si forza a non mollarlo, date le circostanze, ma finisce per essere incastrata dall'amico (a cui non era mai piaciuta) e finisce per andarsene malvolentieri. Avrà imparato qualcosa da questa storia? Sembra che abbia capito di aver sbagliato, ma non ci è dato saperne di più.

I personaggi minori sono pure tratteggiati con mano felice, a partire dai due compagni di trattamento del protagonista, Matt Frewer e Philip Baker Hall, e il personale dell'ospedale, anche se sono generalmente presentati come professionali ma incapaci di una sostanziale empatia con i pazienti.

Ci sta bene un confronto con Amore e altri rimedi a cui questo titolo mi pare superiore perché evita di disperdersi su troppi fronti.

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