Il lungo addio

La colonna sonora consiste quasi di un solo brano con lo stesso titolo del film, The long goodbye, scritta da John Williams e Johnny Mercer (chi sia Williams credo la sappiano anche i sassi, a qualcuno potrebbe sfuggire Mercer ma dovrebbero bastare un titolo, Moon river, per chiarire la faccenda) e riarrangiata in una mezza dozzina di modi diversi. Spunta nei momenti più assurdi, accendi un autoradio e te la becchi, entri in un bar e un pianista la strimpella cercando di impararla, vai a trovare un gangster e lo becchi che la sta canticchiando, vai in Messico, passa un funerale e la banda accompagna la salma su quelle dolenti note. Sempre se ti chiami Philiph Marlowe, tutto questo.

A ben vedere, oltre a Mercer c'è un altro punto di contatto con Colazione da Tiffany, il gatto. Già, perché qui Marlowe, contrariamente alla iconografia ufficiale ha un gatto. E che gatto. Sveglia il suo procacciatore di cibo (chiamarlo padrone mi pare decisamente fuori luogo) alle tre del mattino, rifiuta di mangiare la strana miscela che gli viene proposta, costringe Marlowe ad uscire per comprargli cibo per gatti propriamente detto ma, nonostante i sotterfugi dell'astuto investigatore, subdora che gli si vuole gabellare una marca non corretta di scatoletta e dunque abbandona sdegnosamente l'appartamento.

E si potrebbe anche azzardare un parallelo tra Holly Golightly e questo Marlowe (Elliott Gould). Entrambi inseriti in un ambiente che pullula di personaggi a dir poco bizzarri, entrambi svagati, ma con una loro morale in un mondo in cui tutti sono disposti a calpestare tutto e tutti per ottenere il proprio scopo.

Un Marlowe così non s'era mai visto, è come se fosse stato trasportato di peso dagli anni cinquanta del soggetto originale (un romanzo di Raymond Chandler, naturalmente) negli anni 70 del film, e questo salto temporale lo avesse come ingentilito, ma lasciandogli la sua essenza originale. Unico rimasto a fumare come nei noir del suo tempo, quasi in tutte le scene si accende una sigaretta, spesso sfregando la sigaretta su superfici incongrue. Merito di Robert Altman, che ha modificato in più parti la sceneggiatura (Leigh Brackett) per rendere il suo Marlowe spiazzante.

Lavoro che ha coinvolto anche i personaggi al contorno, ad esempio abbiamo un boss della mala (Mark Rydell, più noto come regista), che per minacciare Marlowe spacca la faccia alla sua amante - se faccio così a lei, che amo teneramente, figurati cosa potrei fare a te, che manco mi stai simpatico, è il suo ragionamento.

Come sta nei canoni del genere, la storia è assurdamente complicata e piena di lati oscuri, ma non è questo il punto. Un omicidio, o forse più, soldi che viaggiano tra gli USA e il Messico, o forse fanno solo poche miglia, mariti e mogli infedeli, ma forse anche no.

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