L'uomo che venne dalla Terra

Pellicola sgranata; doppiaggio a volte fuori sincrono (e sto parlando della visione in lingua originale); colonna sonora che spesso litiga col parlato; produzione evidentemente a basso costo, non solo per quanto appena scritto ma anche perché l'intera azione si svolge in un unico ambiente, una casa di campagna, con la macchina da presa che solo raramente indugia in scene esterne; sceneggiatura un po' pretenziona e basata esclusivamente su di una lunga chiacchierata tra il protagonista, in partenza verso ignota meta, e i suoi amici e colleghi insegnanti universitari che lo salutano.

Ma non si tratta di un film europeo (dell'est ai tempi del comunismo, magari, o francese, come il gran parlare potrebbe far pensare) bensì americano, sceneggiato da un californiano (Jerome Bixby - Viaggio allucinante), diretto da un newyorkese (Richard Schenkman) e con un cast di personaggi abbastanza noti (soprattutto televisivamente parlando).

La storia è alla Star Trek (Bixby ha collaborato alla serie originale, dopotutto) o Ai confini della realtà (anche lì ha messo il suo zampino), ed è basata sull'idea che i Cro Magnon non sarebbero completamente estinti, almeno uno di loro è giunto fino a noi, opportunamente fermando il suo invecchiamento corporeo ad una età apparente di una quarantina d'anni (essendo il protagonista David Lee Smith). L'idea è quella di esplorare la reazione di una piccola comunità di individui acculturati a questa notizia, con un finale riservato al lato umano della vicenda.

Risultato curioso.

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