Requiem for a dream

A me il primo lungometraggio di Darren Aronofsky, Pi, è piaciuto molto, sia per il non banale tema trattato sia per lo stile registico che lasciava presagire un buon futuro per il giovin regista di Broccolino.

Curioso che l'abbia perso di vista, e mi sia ricominciato a mettere in pari con la sua opera prima con Il cigno nero (tra l'altro devo ammettere che ormai m'ero completamente dimenticato che il regista fosse quello di Pi) e ora con Requiem for a dream. Leggendo qualcosetta in giro, ho scoperto su imdb che in Italia è passato direttamente in televisione, due anni e mezzo dopo il suo passaggio a Cannes. Da cui una possibile spiegazione per la mia sbadataggine.

Altro fatto curioso, che mi sia capitato di vedere questo film estremaente cupo, privo di speranze subito dopo I guardiani del destino. Opere completamente diverse ma che condividono il luogo di origine dei protagonisti, entrambi di Brooklin. In un certo senso è una buona accoppiata, finendo uno per bilanciare l'altro.

C'è da dire che Aronofsky è un bel gradino sopra Nolfi. D'accordo che per guardare questo film bisogna arrivare particolarmente allegri, per non farsi prendere da uno scoraggiamento micidiale, ma la varietà di toni utilizzati, e tutti con gran maestria, fanno sembrare il film di Nolfi poca roba.

Storia, dicevo, estremamente drammatica. Incentrata su madre e figlio. Lei (una bravissima Ellen Burstyn) vive sola guardando la tv, mangiando schifezze, e scambiando quattro rare chiacchiere con le vicine. Lui (Jared Leto) si droga. Nella scena iniziale frega la televisione alla madre (per l'ennesima volta) per darla in pegno e avere qualche soldo da bruciare alla svelta. Altri personaggi sono l'amico di colore e la donna del cuore (Jennifer Connelly), a nessuno dei quali dispiace un po' di cocaina (o altro, se capita). Inizialmente le cose sembra che vadano anche in un certo senso bene, in una curiosa versione della realizzazione dell'american dream, ma ben presto le cose prendono una piega disastrosa.

Dei quattro personaggi principali, alla fine, quello che se la cava meglio finisce ai lavori forzati.

Colonna sonora memorabile con il Kronos Quartet che fa la parte del leone.

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