Apocalypse now

E' un bel po' che non lo rivedo, ma ne parlo qui perché ne ho seguito la visione via chat mentre facevo altro.

Si tratta di un film terribile, una vera e propria discesa all'inferno, riassumibile nella battuta finale di Marlon Brando "l'orrore ... l'orrore". Molte le immagini che restano impresse, come la cavalcata delle walkirie con la cavalleria dell'aria all'attacco - ah giusto, immagini e musiche, come The end dei Doors - grazie anche al lavoro superlativo di Vittorio Storaro, meritatissimo oscar per la fotografia.

A vederlo oggi credo che sembri semplicemente un cruento film di guerra, ma bisogna pensare che prima di Francis Ford Coppola era difficile parlare del Vietnam in termini così definitivamente negativi. Neanche Il cacciatore di Michael Cimino (uscito l'anno prima), che pure era stato un duro colpo per lo spettatore americano, aveva osato tanto, finendo con i superstiti che cantano God bless America. Qui si va giù molto più pesantemente. Martin Sheen già all'inizio è esaurito da quanto a visto (e fatto) nel corso della guerra, e più si procede più si affonda nella melma di una sporca guerra tra atrocità e insensatezze. Seguendo all'incirca il Cuore di tenebra di Joseph Conrad, si risale un fiume, fino a giungere ad una specie di autoproclamata monarchia assoluta il cui capo supremo, il colonnello Kurz, completamente impazzito aspetta solo che arrivi il suo carnefice.

La guerra come assurdo, come distruzione mentale e fisica dell'uomo.

Tra i pregi di questo film, c'è dunque anche quello di aver definitivamente rotto il tabù sul Vietnam, facendo sì che i produttori osassero finanziarne altri come Platoon (che fra l'altro ha Charlie Sheen come protagonista) o Good morning, Vietnam. E anche Full metal jacket probabilmente sarebbe stato un progetto di molto più complicata realizzazione se non ci fosse stato questo illustre precedente.

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