La ricerca della felicità

Non ho potuto vedere tutto il film perché il DVD (peraltro come extra è fornito solo il trailer) era rovinato. Come scusa suona debole, ricorda vagamente quella utilizzata per giustificare la mancata consegna di un compito a casa: me l'ha mangiato il cane.

In effetti avrei potuto chiedere la sostituzione del disco, ma poi mi sarei dovuto rivedere il film. Ho preferito fare a meno di qualche scena centrale.

Film d'esordio negli USA per Gabriele Muccino che ha colpito al cuore, e al portafoglio, del pubblico di oltreoceano, facendo un ottimo incasso, lasciando contenta buona parte degli spettatori, e riuscendo pure a guadagnare qualche premio e molte nomination (una all'oscar per Will Smith).

Tolta la buona prova di Will Smith, c'è poco da aggiungere. Storia abbastanza noiosa e prevedibile: a Will va tutto storto, e a ogni nuova scena è una nuova rogna che gli capita ma abbiamo come il sospetto che alla fine andrà tutto per il meglio.

Non mi è piaciuto per niente l'obiettivo del protagonista, per il quale è disposto a rischiare praticamente tutto: fare soldi. Si imbarca in una attività di vendita che gli fa perdere un mucchio di tempo e denaro, lasciando che la moglie faccia doppi turni in fabbrica per tirare a fine mese; arrivato all'orlo del tracollo finanziario, vede un broker in Ferrari, nota come tutti lì attorno siano sorridenti, e decide di candidarsi per uno stage non retribuito di sei mesi per diventare anche lui broker. Detto fra parentesi, guardarsi Wall Street di Stone potrebbe essere un buon contrappasso. La moglie, sfinita, lo molla. Lui insiste per tenersi il figlio, dicendole che certamente lei non avrebbe tempo per badare a lui - senza considerare che, non dovendo fare doppi turni per mantenerlo, forse ci sarebbe riuscita meglio di lui - e così se lo trascina in squallidi motel, quando va bene, in rifugi per senzatetto e persino a dormire in bagni pubblici (incredibilmente lindi) quando va male. Colpo di bacchetta magica, alla fine dei sei mesi prendono un solo stagista su venti, ed è proprio lui.

Prima dei titoli di coda ci confermano che il protagonista, dopo qualche hanno, si mette in proprio e fa soldi a palate. Felicità raggiunta.

Al confronto, Jersey Girl di Kevin Smith è un film di una profondità che fa venire le vertigini. Lì il padre (Ben Afflek) si trova a decidere tra un lavoro che ama, e avere il tempo per badare alla figlia, ed è proprio Will Smith nei panni di sé stesso a consigliargli di non far stupidate.

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